Intestino e cuore: la “strana” coppia
Con l’arrivo di Settembre la memoria torna facilmente alle aule universitarie, all’entusiasmo che colora i percorsi che iniziano. Passano gli anni, si aprono e chiudono decine di libri consumando altrettanti evidenziatori e penne, ma soprattutto ci si confronta con una realtà in continua evoluzione, che pone sfide completamente diverse sia dal punto di vista professionale che umano. Magari prossimamente qui sul blog dedicherò spazio alla mia esperienza in quel mondo, ma ora chiudo il flashback con la certezza che durante gli studi universitari non mi era per nulla chiara la complessità della rete di segnalazione e interazione tra organi come intestino, cervello e cuore. Questo post vuole essere la breve presentazione di una coppia che a quei tempi mi sarebbe sembrata alquanto “strana”, ma ora mi affascina e mi stimola a volerne sapere sempre di più: cuore e intestino!
Il microbiota è l’insieme di microorganismi che colonizzano il nostro organismo e interagiscono con esso. Contribuisce all’elaborazione e all’assorbimento di alcuni nutrienti, allo sviluppo del sistema immunitario e alla regolazione di funzioni che mantengono in equilibrio e in salute l’organismo ospite. Ecco perchè uno squilibrio della composizione e/o della funzione del microbiota (disbiosi) può contribuire alla genesi di stati patologici. Parlando di intestino, è noto che la compromissione della barriera intestinale tipica della condizione nota come leaky-gut (intestino gocciolante) facilita il passaggio nella circolazione sanguigna di batteri, mediatori dell’infiammazione e altre sostanze dannose che possono esercitare effetti negativi anche su organi distanti.
Tra questi le nostre arterie. L’aterosclerosi è un’alterazione della parete dei vasi arteriosi, che perdono elasticità e sviluppano placche che ne ostruiscono progressivamente il lume. Oggi sappiamo che si tratta di una patologia infiammatoria e che i fattori che la determinano e favoriscono hanno in comune uno stato di infiammazione cronica di basso grado. E’ il caso della sindrome metabolica, che si associa ad un aumento del rischio cardiovascolare mediato dall’aterosclerosi ed è definita dalla presenza di aumento della circonferenza addominale, elevati livelli di trigliceridi e glicemia a digiuno, ridotti livelli di colesterolo HDL e ipertensione arteriosa (criteri NCEP ATP III).
Il microbiota intestinale può essere considerato uno dei modulatori del rischio cardiovascolare. Sempre più studi dimostrano infatti il legame tra sindrome metabolica e disbiosi. Oltre ai mediatori dell’infiammazione, la ricerca si è concentrata sul ruolo dei batteri e di alcune molecole prodotte grazie alla loro azione. Ad esempio, frammenti di DNA di oltre 50 specie batteriche sono stati ritrovati all’interno delle placche aterosclerotiche. La disbiosi potrebbe favorire la traslocazione di batteri nel sangue e quindi il loro arrivo al sito infiammato, dove contribuirebbero a formare la placca. Altra molecola chiave sembra essere la TMAO (trimetilamminaossidasi). La colina e la fosfatidilcolina, contenute soprattutto negli alimenti di origine animale, vengono metabolizzate dai batteri intestinali e poi dal fegato e trasformate in TMAO. Questa molecola contribuisce all’aterosclerosi favorendo l’accumulo di colesterolo, aumentando la fibrosi e la sintesi di citochine infiammatorie da parte delle cellule vascolari e aumentando la reattività delle piastrine. Elevati livelli di TMAO si associano ad aumento della mortalità e dell’incidenza di eventi cardio e cerebrovascolari
Quindi basta intervenire sul microbiota e sulla disbiosi per ridurre il rischio cardiovascolare?
Tornando tra i banchi dell’università, uno degli insegnamenti più preziosi che ho ricavato dallo studio è di non perdere mai di vista la complessità. Può sembrare controintuitivo, ma soprattutto di fronte a patologie croniche dimenticare di inserire le nuove conoscenze nell’estrema complessità di interazioni tra organi, tra mente e corpo, tra organismo e ambiente può portare a commettere molti errori e a cadere nell’illusione della “pillola magica” in grado di risolvere ogni problema. E’ ancora presto per parlare di certezze, ma per fortuna la ricerca sul microbiota procede velocemente. Personalmente sono convinta che sia possibile modulare il rischio cardiovascolare anche agendo sui fattori che influenzano la composizione e la funzione del microbiota intestinale (ad esempio alimentazione, attività fisica/sedentarietà..) e, quando necessario, andando a ristabilire l’equilibrio attraverso l’integrazione mirata con prebiotici e probiotici.
Fonti bibliografiche:
Novakovic M et al. Role of gut microbiota in cardiovascular diseases. World J Cardiol. 2020 Apr 26;12(4):110-122
Xu H et al. The gut microbiota and its interactions with cardiovascular disease. Microb Biotechnol. 2020 May;13(3):637-656
Massimo Cocchi, Marcello Romeo. Homo Bacteriens, una moderna visione della complessa e affascinante relazione tra microbiota e uomo. CEC editore