Il nostro bisogno di gioia: riflessioni al rientro da un viaggio speciale

L’attuale periodo storico sta facendo emergere in forma di paradossi i limiti del sistema individualista, liquido e antropocentrico: laddove la distanza virtuale si annulla la distanza tra anime aumenta, la ricerca di informazioni procede in modo così bulimico e superficiale da far perdere sia la lucidità della visione di insieme che la conoscenza approfondita. Più ci si addentra nel vortice, più si dimentica l’importanza dell’errore e del confronto. In un mondo in cui non si considera la complessità della rete che unisce gli esseri viventi tra loro e all’ambiente può accadere di sentirsi esclusi, fermi, “diversi”, inadeguati fino a non sentirsi, a non sentire più o a sentire unicamente la paura..la paura di sbagliare, di soffrire e far soffrire, di mettere a rischio, di non prendersi abbastanza cura, di non sapere abbastanza, di non essere abbastanza..

“Rinascere nella gioia” è stato il percorso giusto al momento giusto. E’ stato come entrare in un caleidoscopio con gli occhi di una bambina e (ri)trovare il centro, la mia parte più autentica e profonda, così unica nella sua imperfezione. E’ bastato varcare con fiducia e senza aspettative il portone verde della Mausolea per vivere una moltitudine di esperienze difficili da fermare su un quaderno o su una pagina web, ma così potenti da far percepire l’energia presente nell’aria, in un cerchio di persone che lasciando cadere maschere, ruoli, giudizi e condizionamenti sono tornate a respirare, a muoversi consapevolmente e a vedere anime interconnesse al posto di individui sconosciuti.

Sono tornata a stupirmi accogliendo le sensazioni e le emozioni generate dal contatto dei piedi nudi con l’erba fresca di rugiada, dal profumo dei fiori di tiglio, dalla ruvidità della corteccia di un albero centenario, dal sapore del “cibo dell’uomo” preparato con amore, dal rumore dei passi e del respiro che si fondono con i suoni della foresta, dalla magia delle lucciole che illuminano la notte al limitare dei campi, dal calore del primo sole del mattino sulla pelle, dalla dolcezza del riso masticato lentamente.

Qualcuno ha scritto che tutte le guerre, da quelle interiori a quelle stellari, nascono dal non guardarsi negli occhi. Credo che molti negli ultimi anni abbiano smesso di guardare e di guardarsi negli occhi. Mai quanto in questi mesi la polarizzazione verso posizioni estreme, antitetiche, quasi granitiche, ha creato divisioni oscurando la possibilità di andare oltre, di riconoscere un’opportunità di crescita in ogni incontro, in ogni relazione, a partire da quella con se stessi, che è la più complessa di tutte e merita di essere curata, nutrita e vissuta. Ecco che serve un viaggio verso l’interno, verso l’essenza, per incontrare e integrare le ombre e riconoscere la luce che abita in noi. C’è un grande bisogno di coltivare gratitudine e compassione, di imparare il perdono e di nutrirsi di bellezza. Tutti abbiamo bisogno della gioia. Nello spazio sicuro delimitato da quel cerchio di anime è stato naturale affidare qualcosa da lasciar andare al fuoco trasformatore, fare pace con il sé bambino e dare inizio a un processo di cambiamento molto profondo.

Gli abbracci, il contatto visivo e il tocco sono strumenti estremamente potenti, sono terapeutici e non posso fare a meno di pensare che dovrebbero essere parte integrante dei percorsi di cura e non attimi rubati, confinati in brevi permessi temporali in luoghi che una certa visione limitata della salute e della malattia ha reso freddi e poco accoglienti. La tecnologia, l’iperspecializzazione e la stessa ricerca sono preziosi e insostituibili, ma valgono poco se non sono affiancati dalla compassione, dall’umiltà, dalla disponibilità all’ascolto e all’integrazione. Uno dei doni di questa esperienza è stato proprio il desiderio di voler integrare sempre più questi aspetti nella mia quotidianità sia personale che professionale.

Cosa c’entra lo yoga con tutto questo? Per me la pratica è uno strumento di navigazione, un mezzo per fluire, sentire, esprimersi senza perdere il contatto con l’essenza. Centratura e radicamento diventano la base per movimenti fluidi e liberi in cui le braccia sono ali, le mani pennelli che disegnano nell’aria, il respiro viaggia in tutto il corpo, gli occhi socchiusi si aprono verso una dimensione in cui tutto è energia, tutto scorre in una danza senza fine. Il lavoro sul corpo riconnette, riequilibra, riporta al “qui e ora”, alla presenza consapevole libera dall’attaccamento e dalla preoccupazione, riporta a quella pulsazione ancestrale che ci permette di incamminarci ogni giorno nell’avventura della vita.

Quelle che avete appena letto sono libere riflessioni nate dall’esperienza “Rinascere nella gioia”, intensivo di yoga, meditazione e nutrizione svoltosi presso La Mausolea con la preziosa guida di Yoss Giancarlo Miggiano, Beatrice Giampaoli e Alberto Simone e la partecipazione del prof Franco Berrino. A loro e a tutti i compagni di viaggio la mia più profonda gratitudine.

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